Android oggigiorno è il sistema operativo più diffuso nel
settore mobile. Circa il 50 per cento di dispositivi tascabili montano il
sistema operativo di Big G, ci sono migliaia di terminali prodotti da centinaia
di aziende. Renderà questa frammentazione giustizia al lavoro svolto ogni anno
da Google?
Sebbene la molteplicità di dispositivi immessi sul mercato sia un punto di forza per il robottino verde, dal momento che viene data la possibilità ai consumatori di scegliere il prodotto che meglio si adatta alle proprie esigenze (e alle proprie tasche), gli svantaggi che ne derivano sono molteplici.
Il sistema operativo spesso non è ottimizzato a dovere,
poiché i produttori hanno la necessità di montarlo su intere gamme di
dispositivi con caratteristiche hardware differenti tra di loro.
Da ciò consegue anche un ciclo di vita e di supporto
software spesso breve e di certo non corrispondente alla cifra che viene
sborsata per l’ acquisto dei terminali, inoltre esistono dispositivi che
farebbero davvero impallidire l’azienda di Mountain View: tablet che non
riescono a caricare una homescreen quasi vuota, smartphone che non riescono a
compiere a dovere operazioni basilari svolte alla perfezione da un Nokia 3310 e
altre "cinesate" varie.
Questi terminali non solo hanno un influenza negativa sulla
fama dell’ OS, ma potrebbero essere finanche pericolosi in situazioni di
emergenza, come ad esempio chiamare un primo soccorso con un dialer che ci
mette un decennio ad avviarsi.
Con la nuova politica di Google, assisteremo all’ uscita di
una major release all' anno (siamo giunti giovedì scorso ad Android M), ma a
cosa serve innovare così tanto l’ OS se l’ attenzione dedicatagli dai
produttori è a dir poco insufficiente? Solo un decimo dei terminali viene
aggiornato alla successiva major release ed anche per questi sparuti
dispositivi i cicli di vita (salvo rarissime eccezioni) tendono ad essere
sottotono rispetto ai prodotti della concorrenza, che riescono in alcuni casi a
raggiungere 4 anni di aggiornamenti; senza tener conto anche della naturale
obsolescenza a cui i dispositivi elettronici, complice la componentistica e l’
utilizzo, vanno incontro.
Il lavoro di Google sta portando innovazioni a velocità
cosmica, allora perché continuare a svendere il proprio sistema operativo equipaggiandolo
su dispositivi che non dovrebbero esistere nel 2015?
Perché non costruire terminali che riescano a garantire un
esperienza d’ uso quanto meno gradevole e soddisfacente?
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