Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!
Questi versi del prologo dell'Inferno, primo luogo leggendario visitato dal Sommo Poeta nella sua Divina Commedia, sono certamente i versi italiani più conosciuti al mondo. Quest'opera, oltre al suo fine didattico per noi connazionali del poeta, ha contribuito a far Grande una delle lingue più studiate ed amate al globo. Il nostro tanto straziato gergo risulta infatti essere il quarto più studiato al mondo.
Non sapete quantificare questo dato?
Forse rapportare l'italiano al social network più utilizzato, Facebook, farà capire l'importanza della lingua italiana nel mondo. L'italiano è infatti l'ottava lingua più utilizzata sul sito fondato da Mark Zuckerberg. Ma proprio su Facebook la nostra lingua viene "uccisa" da abbreviazioni, tempi grammaticali sbagliati e modi di dire dialettali tradotti nella miglior maniera possibile. E se Dante fosse vissuto nell'epoca degli smartphone? Proviamo ad immaginare il suo viaggio, in versione 2.0.
Nel mezzo del cammin del quinto anno della seconda decade del secondo millennio, ci ritrovammo in una penisola governata da un fiorentino come il nostro compagno di viaggio Dante. Il nostro girovagare per l'Italia parte proprio da Firenze, città che ha regalato al poeta mille gioie ed altrettanti dolori, culminati poi con l'esilio del 1302. Così, dopo una tiepida presentazione iniziale, tra aneddoti sul capoluogo toscano e sui suoi scritti, Dante decide di fare un rapido giro nella sua città natale e mi si propone come cicerone.
Tra Santa Maria Novella, Uffizi e Palazzo Vecchio, lo scrittore mi appare subito perso ed in parte deluso nel vedere come la sua Fiorenza sia cambiata nel corso dei secoli.
Allora decido di invertire i ruoli di questo giro turistico ed inizio a narrare la storia moderna della città, presentando un po' la leggendaria famiglia De Medici, formata per la maggiore da altre personalità che, come lui, hanno contribuito alla gloria eterna del capoluogo di regione. Dopo qualche mia parola, porto il sommo Dante in piazza Santa Croce.
Come molti di voi sapranno, in questo luogo e dinanzi all'omonima chiesa troviamo una statua, progettata da Enrico Pazzi nel 1865, che rappresenta il poeta.
Appena arrivati qui, notiamo una massa di giovani con uno smartphone tra le mani, intenti nello scattare "selfie" in compagnia della figura marmorea. Subito l'Alighieri mi osserva, con uno sguardo davvero perplesso, chiedendo spiegazioni su quello da lui definito "aggeggio malefico". Con una chiara allusione al mondo della magia, tanto criticato nel periodo medievale, forse il poeta non ci ha nemmeno visto tanto male.
Dopo avergli spiegato che negli ultimi anni gli smartphone hanno preso il sopravvento nella nostra vita, cambiandola profondamente, prendo in prestito un device dai ragazzi e mi impegno ad illustrare le varie funzioni al Sommo Poeta. Android non è certamente il massimo dell'intuitività per un personaggio di fine 1200, tuttavia la sua attenzione si ferma su un'iconcina verde, attratto molto probabilmente dal colore brillante di quest'ultima su uno schermo AMOLED. Si, stiamo parlando proprio di WhatsApp, sicuramente una delle applicazioni più utilizzate dagli utenti di tutto il mondo.
Dopo aver spiegato le principali funzionalità dell'applicazione di messaggistica istantanea, incuranti delle leggi sulla privacy, iniziamo a leggere qualche conversazione della ragazza che ci ha prestato lo smartphone.
Inizio a sentire Dante un po' giù di corda dopo questa rapida sbirciatina nell'applicazione di messaggistica e subito chiedo cosa lo affligge. Il cuore del fiorentino ha iniziato a palpitare all'improvviso alla vista di quelle frasi sconnesse, sgrammaticate e prive di tutte le tipologie di segni di interpunzione.
Ma può essere unicamente colpa della rete e delle chat se l'italiano sta ormai cambiando ed i ragazzi non sappiano più utilizzare punti, virgole e compagna bella?
La risposta più immediata è sicuramente Sì.
Le chat, ma sopratutto l'immediatezza con cui un messaggio viene scritto e successivamente inviato, ha permesso di non utilizzare più la virgola. Preferiamo infatti scrivere una frase, premere invio e scrivere subito quella successiva, certi dell'immediatezza con cui il testo viene inviato al destinatario.
Ancora peggiore è poi la concezione che si è formata intorno al punto, che è il più forte dei segni d'interpunzione, dato che indica la netta interruzione di una frase o di un periodo. Oggi invece, agli occhi dei più giovani, il punto è simbolo dello stato d'animo della persona che invia il messaggio, quasi come stesse a sostituire lo sguardo o il tono di voce di una conversazione faccia a faccia.
Al contrario, ora vengono utilizzate molto più spesso le emoticons, o emoji che dir si voglia, le quali spaziano dal semplice sorriso al più recente dito medio.
Ma possiamo definire quasi come estinte le regole di interpunzione? Direi di no, ci sono ancora amanti della lingua, sia italiani, ma sopratutto stranieri, che pongono particolare attenzione sui punti, sulle virgole e sui punti interrogativi o esclamativi.
Perchè, altrimenti, che senso avrebbe una domanda senza punto interrogativo? Sembrerebbe un obbligo e, spesso, è quello che intendiamo. Perché la differenza tra una domanda ed un'affermazione nell'italiano, al contrario dell'inglese o del francese, non è netta e tutto può essere frainteso solo grazie ad un carattere in più del messaggio di testo.
Eppure nè Google, nè Apple, nè Microsoft hanno eliminato i segni d'interpunzione dalle tastiere dei loro sistemi operativi mobili.
Io, ragazzo di quasi diciott'anni ed amante delle materie umanistiche, trovo semplicemente irritante, oltre che irrispettoso, questo totale disinteresse verso le regole grammaticali e verso l'italiano.
Ma come ormai risaputo, noi abitanti della penisola siamo ingrati al passato e poco amanti delle nostre potenzialità visto che siamo piuttosto esterofili. Perchè preferiamo studiare lingue come l'inglese, lo spagnolo o persino il cinese se poi abbiamo la possibilità di aver a che fare con una delle lingue più amate (dagli altri, ndr.) al mondo.
Amo la tecnologia, altrimenti non sarei qui a scrivervi, ma le bellezze della vita non sono solo queste. Viviamo in un Paese meraviglioso, magari caduto in rovina negli ultimi anni, ma abbiamo tanto da imparare dal passato e da tutto ciò che ci circonda.
Ecco spiegata dunque la nostra "Divina Commedia 2.0", la quale non è certamente un voler riprendere ed adattare ai nostri tempi la sontuosa opera di Dante Alighieri, ma far intendere come i tempi moderni abbiano cercato di distruggere i sacrifici fatti dai nostri avi per innalzare il fiorentino, e quindi l'italiano, a lingua nazionale.
Speriamo abbiate apprezzato questa nostra interpretazione dei cambiamenti nella lingua italiana degli ultimi decenni. Qualora abbiate qualche appunto da farci al fine di migliorare questo nostro editoriale, non esitate nel commentare l'articolo.
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